Onorevoli Colleghi! - Da alcuni anni, ma in maniera più marcata durante le ultime due legislature, il dibattito politico e culturale ha dedicato un notevole spazio alla tassazione di favore per le famiglie monoreddito e con nucleo formato da più figli o persone a carico del contribuente.
      Nella valutazione delle differenti ipotesi di tassazione da adottare in Italia per favorire la tutela della famiglia e promuovere la natalità, i maggiori riscontri sono stati rivolti al sistema del «quoziente familiare», ritenuto il più efficace strumento di natura tributaria in grado di attuare l'equità fiscale e la democraticità tra i differenti ceti sociali. L'obiettivo del quoziente familiare sarebbe di venire incontro ai maggiori bisogni delle famiglie monoreddito, all'interno delle quali tutte le spese che attengono alla vita dell'istituto della famiglia e tutti gli oneri che scaturiscono dal soddisfacimento delle necessità dei singoli membri devono essere fronteggiati dal reddito del solo lavoratore.
      Tale tipologia di famiglia si distingue anche per avere un nucleo costituito da più figli, o in età infantile o nel periodo dell'adolescenza impegnati nello studio: una prole particolarmente dispendiosa e che certamente assorbe quasi totalmente il reddito della famiglia stessa.
      Il quoziente familiare si configura come il sistema di tassazione maggiormente equilibrato e perequativo tra quelli oggi applicabili. C'è da dire, però, che le condivisioni e gli apprezzamenti largamente riservati a tale tipo di tassazione ben presto sono stati tacitati dalla quantificazione

 

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degli oneri che avrebbe comportato nel caso fosse stato integralmente adottato nel nostro sistema fiscale.
      Diversi sono stati gli studi che hanno provato a quantificare gli oneri del quoziente familiare per il bilancio pubblico. L'Istituto di studi e analisi economica (ISAE), nel 2005, in occasione di un'audizione al Senato sul trattamento fiscale delle famiglie in Italia, ha elaborato una simulazione degli effetti dell'introduzione del quoziente familiare. L'Istituto, pur valutando come benefici gli effetti dell'applicazione della misura per molte famiglie, ha messo anche in evidenza i costi per le casse dello Stato.
      Anche le ACLI, ovvero il mondo dell'associazionismo cattolico che ha avviato e sostenuto la battaglia per il quoziente familiare, si sono cimentate in uno studio comparativo tra il sistema fiscale italiano e quello francese, che viene preso a riferimento per il suo consolidato ed avanzato stato di applicazione, e hanno calcolato che il quoziente familiare alla francese ci costerebbe più di 30 miliardi di euro.
      Il quoziente familiare produrrebbe più equità, in quanto è in grado di misurare più di quanto non faccia l'attuale sistema fiscale le condizioni economiche effettive delle famiglie. Se fosse introdotto in Italia, magari tramite specifici adeguamenti, riuscirebbe a porre fine, tra l'altro, a quella fastidiosa disparità di trattamento fiscale tra famiglie monoreddito e plurireddito.
      Per non rinunciare all'opportunità di poter applicare anche in Italia il quoziente familiare, sono stati studiati regimi più blandi di questa tassazione e si è individuata una versione «light» del modello francese, la cui incidenza sarebbe pari a 17-18 miliardi di euro.
      Si è consapevoli che il quoziente familiare è una misura non a costo nullo ed è per questo che deve essere pianificata con sufficiente anticipo rispetto alla data in cui dovrebbe iniziare ad essere applicata, se del caso prevedendone una graduale realizzazione. Per tale scopo, la proposta di legge prevede che l'applicazione del nuovo regime avvenga nell'anno finanziario successivo a quello della sua approvazione.
      Il regime «alla francese» dovrebbe essere adottato come elemento programmatico, e dovrebbe affiancare e sostituire (ma in caso di applicazione della clausola di salvaguardia non è da escludere la sua complementarità) il vigente sistema delle deduzioni, che pure dimostra una innegabile efficacia.
      Il quoziente familiare non rivoluziona l'attuale sistema fiscale, ma rispetto ad esso ha la caratteristica di essere studiato sull'individuo per un nuovo modello di redistribuzione del reddito e del carico fiscale, nell'ottica di dare una concreta risposta ad un principio di maggiore equità costituzionale (contribuire in proporzione al reddito alla finanza pubblica).
      Con il sistema del quoziente familiare si darebbe anche riscontro alla pressante esigenza di rilancio della domanda interna dei consumi e si fornirebbe una risposta, sostenendo le politiche familiari, all'emergenza demografica che ci troveremo ad affrontare in futuro.
      È significativo far presente in questa sede che gli studi effettuati hanno anche evidenziato le incongruità degli interventi fiscali attuati recentemente: l'introduzione della no tax area paradossalmente ha evidenziato disparità tra i nuclei familiari: per le famiglie plurireddito le imposte si sono ridotte del 30 per cento, per le altre (monoreddito e monoparentali), a parità di condizione economica, solo del 3 per cento.
      Il funzionamento del quoziente familiare si basa sul principio della contribuzione di tutti i componenti del nucleo familiare, a prescindere dalla loro reale posizione di percettori di reddito. Infatti il sistema del quoziente familiare funziona come segue: si sommano i redditi dei coniugi; ai fini della determinazione dell'imponibile cui applicare le aliquote si divide il reddito complessivo familiare per il numero dei componenti della famiglia, attribuendo al contribuente e al coniuge un coefficiente «n», e a ogni figlio un coefficiente ridotto; il reddito
 

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complessivo viene diviso per il coefficiente cui appartiene la famiglia presa in considerazione in base alle caratteristiche dei suoi componenti; determinando così il reddito medio familiare imponibile, ad esso si applicano le aliquote in vigore; il risultato viene successivamente moltiplicato per 2, 2,5, 3... ottenendo così l'imposta che le famiglie devono versare al fisco.
 

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